4° viaggio autunnale 2016
Il turno, composto da 14 persone, è partito il 30 novembre ed è rientrato il 14 dicembre. Due le persone alla prima esperienza.
I riminesi si sono incontrati a Roma in aeroporto con parte dei milanesi. Alla sera tutti insieme intorno al grande tavolo di Maria Bambina.
Il giorno dopo è iniziato il lavoro comune e si incontrano subito visi amici che ci accolgono con gioia. Con padre Alliata si smantellano i locali del museo e si termina di imballare i reperti lasciati dal turno precedente. Venerdì dopo aver lavorato tutta la giornata in Custodia si partecipa alla messa dai maroniti e scuola di comunità. Si era previsto di invitare tutti gli amici della scuola di comunità a cena così che è venuta fuori in una tavolata da 26 persone. Ettore, padre Gianfranco e padre Bonaventura, alcuni giovani amici musicisti provenienti da Vieste. Nel vivere semplicemente il lavoro assegnato avviene misteriosamente che si è testimoni di un’appartenenza e se ne riceve testimonianza.
Nel fine settimana si sono trascorsi insieme due giorni intensi in Galilea ; al Giordano, Nazareth pranzo a Cana ospitati da padre Jerome e riscaldati dal suo inconfondibile sorriso. Si è dormito al Si di Pietro dove la domenica è arrivato Ettore donandoci la sua presenza che ha aiutato a reincontrare in Cafarnao ciò che è avvenuto 2.000 anni fa rendendocelo attuale come non mai. Al pomeriggio scalata del monte Tabor con un tramonto strepitoso. (alba tutti insieme sul lago di Tiberiade e tramonto tutti insieme al Tabor. Un giorno indimenticabile).
I giorni seguenti il lavoro è proseguito tutti insieme dalle Clarisse di Suor Cristiana. Maria Chiara e Giorgia Maria hanno raccontato delle iniziative di apertura agli abitanti del territorio fatte durante l’anno e come anche la popolazione ebrea è incuriosita dalla loro presenza e le hanno cercate ed interrogate per capire la loro scelta di vita. Sono stati ringraziati tantissimo per il pesante lavoro svolto. I giorni in Terra Santa, il lavoro e il rapporto tra tutti sono paradigma della vita e insegnano il passo con cui camminare. Ogni giorno viene chiesto di stare a quello che un altro chiede con la pazienza di tempi non nostri e con l’accettazione di metodi che non sempre coincidono con il nostro criterio, in obbedienza a qualcuno che ha presente il tutto e non solo il particolare che noi vediamo. Questo regala anche una accettazione dell’altro che è diverso da noi ma è dato ed è mistero e valore in sè. La conclusione è una gratitudine per un incontro anche quest’anno possibile.
Alcuni amici sono partiti per dei lavori da svolgere a Cana, altri svolgono lavori dall’Irene e altri alla catalogazione di oggetti sacri con foto a San Salvatore.
Incontro con don Ambrogio Rimini 9/12/16
Incontro Don Ambrogio Pisoni con Ass. Romano Gelmini 9 dicembre 2016 Rimini Via Molise, 16
Ivano
Una delle cose più importanti che abbiamo scoperto, e che tutte le interviste del video raccontavano, è la Unità che le persone che ci incontrano ci testimoniano come cosa che si vede tra di noi. Ultimamente, Incontrando alcuni amici di Betlemme, guardandoli, ho capito che il motivo per cui mi interessavano non era la simpatia o l’affinità, ma il fatto che tra di noi cresceva questa unità che io vivo quando vado in Terrasanta. E ho capito che questa è la stessa cosa che mi interessa vivere qui con le persone a me più vicine. Nel 2014 tu, don Ambrogio, ci dicevi:” Tenete conto che tutti i rapporti che nascono hanno come scopo quello di testimoniare la fede, la speranza e la carità perché voi veniate edificati in questi rapporti e anche le persone che incontrate divengano confermate nella fede, nella speranza e nella carità, ritrovino cioè delle ragioni sempre più profonde per “rimanere lì dove sono”. Queste parole ora mi sono molto più familiari e vere perché dicono il metodo e ciò che va salvaguardato sempre.
Adelmo
Sono andato in Terra Santa con mia moglie; per lei era la prima volta e poichè aveva delle difficoltà a camminare, questa cosa per i primi giorni ha creato qualche problema e qualche contrasto. Lì ho capito quando ci viene detto che non siamo chiamati a discutere, ma a dialogare. Tra me e mia moglie e con due sposi nostri amici: dialogando abbiamo appianato tutto e mia moglie è venuta a casa molto carica, molto contenta. E questa cosa sta andando avanti da più di un mese, da quando siamo tornati, il camminare con la stessa sintonia con cui si camminava a Gerusalemme. Ho riscoperto il gusto di riavere questo desiderio che determina il nostro stare assieme a casa. Anche i nostri amici sono molto contenti di questo nuovo modo di rapportarsi tra di noi.
Gabriele
Nell’incontro indetto dall’Associazione il 24 settembre è emerso con maggior insistenza il senso di responsabilità che non è per il lavoro che facciamo per gli altri, ma che si fa per sé, grazie anche ai rapporti che ci sono e che si stanno portando avanti. Io sono tornato il 30 novembre e sempre gli incontri fatti riportavano il leit motiv dell’unità che nasce ogni volta che ci si vede e ci si trova. Essere lì con questo significato aiuta a vivere l’esperienza in modo più vero, e che riscopri vera quando torni a casa, nella quotidianità. Si impara a stare nella quotidianità con le cose che ti passano per le mani tutti i giorni,così come ci hanno testimoniato i nostri amici Claudio e Rosi con le mail inviateci sulla loro esperienza. Questi rapporti ci chiedono di continuare ed anzi propongono cose nuove e diverse.
Don Ambrogio
Innanzitutto la cosa più bella è che “ l’ io” rinasce.
1- C’è una rinascita dell’io, un passo più profondo nell’esperienza di Cristo che uno sta vivendo.
2- Questo, sempre drammaticamente, genera una unità tra quelli che vivono cosi .
3- come conseguenza sempre drammatica e imprevista diventa un segno per chi vi incontra.
Non dimentichiamo che la testimonianza cristiana, ci ha insegnato don Giussani, la missione cristiana non è aggiungere cose da fare a quelle che già facciamo: la missione cristiana è il manifestarsi della nostra conversione. In un incontro qui a Rimini al centro Tarkovski nel maggio 1988 in una equipe del Clu la domenica mattina, don Giussani, concludendo i lavori di quei giorni, dettò qualche punto di sintesi finale tra cui uno dedicato alla missione dicendo: la missione è l’epifania di una identità cioè il manifestarsi di un volto nel mondo. Se il mio cuore rinasce il mio volto cambia e un volto cambiato si vede; si vede nel volto una umanità diversa. Si vede, e chi è minimamente in ricerca della verità e della bellezza, coglie subito un segno così. In particolare lì dove andate, come ben sapete (l’avete detto prima) l’urgenza più grande è che i cristiani che sono lì possano rimanere continuando a testimoniare l’appartenenza a Cristo in questa terra unica al mondo. Se non ci fossero più sarebbe una perdita inimmaginabile per tutti, anche per coloro che li odiano. La cosa più importante è quindi sempre mettere in gioco l’io di fronte a questa cosa. Tanto che poi si torna a casa e si riscopre un inizio di rapporto nuovo con la moglie,che non è stato episodicamente isolato nel selciato delle strade della città vecchia di Gerusalemme, ma continua in quel di Rimini. I doni di Dio sono irreversibili: non hanno una scadenza, una volta dati sono consegnati alla nostra libertà. Non sono atti magici che cambiano la vita senza il si della nostra libertà tanto è vero che se non riprendi tutte le mattine il rapporto con tua moglie, si perde. Quello che è accaduto ha generato un nuovo incontro, una passo nuovo.
Grazia
La mia particolarità che emerge ogni volta, per il fatto di andare con dei gruppi stabiliti, mi fa fare fatica. Io mi apro sempre a tutte le conoscenze ma il dover condividere ogni volta con persone diverse non sempre è facile
Don Ambrogio
Non dimentichiamo una cosa essenziale per la vita cristiana nella sua radicalità e semplicità, non dimentichiamo che Dio ha creato, il Dio di Gesù Cristo, ha creato ogni uomo capace di attendere Cristo, cioè ogni uomo, lo sappia o no aspetta di incontrare Cristo. La Teologia la chiama la predestinazione a Cristo: tutti siamo stati creati in Cristo per incontrarlo e lasciare che la sua presenza investa liberamente la nostra vita, la faccia diventare vera e la cambi profondamente. Quando incontriamo delle persone che rimangono stupite, affascinate, attratte, fanno dei gesti strani che non capiamo, che cercano una vicinanza, una simpatia è perché profondamente alla radice del cuore, anche se non lo sanno, attendono il Signore. Anche perché Cristo ci sta cercando: noi siamo qua in questo momento, stiamo respirando, siamo vivi per il semplice motivo che Cristo ci sta cercando. Se avete in mente gli esercizi della fraternità la lezione del mattino, l’ultima frase citata da Simon Wail parla del tempo, dell’attesa e di Dio, dice che Dio è come un mendicante immobile e silenzioso che sta di fronte a qualcuno che forse gli darà un pezzo di pane. Dio è questa attesa, e il tempo è l’attesa di Dio che mendica il nostro amore; ci aspetta. Non ci aspetta seduto con le mani in mano, ci aspetta ; e per questo ha mandato il figlio nel mondo, Gesù Cristo venendoci incontro continuamente, cercandoci Noi non dobbiamo dimenticare questo perché poi nella sua semplicità questo giudizio che la Chiesa ripropone continuamente a se stessa e al mondo, semplifica tutto e lo rende veramente drammatico perché ci libera da ogni pretesa sugli altri e sul nostro lavoro e ci invita semplicemente a manifestare quello che ci è stato dato, quello che ci è accaduto nel dono del battesimo e, grazie all’incontro con il carisma donato a don Giussani, è diventato e sta diventando il fatto più significativo della nostra storia. L’essere battezzati cioè l’essere di Cristo. Vivere così è estremamente semplice elimina un sacco di falsi problemi perché così come noi siamo stati toccati liberamente – avete presente quella citazione fatta agli esercizi, il gusto di essere amato liberamente da uomini liberi: Peguy fa dire a Dio: Tutto ho sacrificato per questa libertà per Il gusto di essere amato liberamente da uomini liberi – Libera da ogni pretesa, da ogni falso problema , da ogni misura che abbiamo addosso: “ lietamente ti ho dato tutto, nel mio cuore lietamente ti ho dato tutto”. La vita dei cristiani è manifestare semplicemente quello che ci è accaduto e lasciarsi sorprendere dagli incontri che ci accadono e che la gente si ritrovi a dire. Ma guarda un po’ è sempre un altro che ci dice quello che ci sta accadendo, come Nicodemo che va di notte da Gesù e dice: Ma tu chi sei, nessuno farebbe i segni che fai tu se non venisse da Dio, allora Chi sei tu? Gli uomini attendono tutti di incontrare qualcuno a cui dire: Chi sei tu? Ovunque, a Rimini come a Gerusalemme e persino a Ravenna.
Giancarlo Raggi Nel mio desiderio di tornare ogni volta in Terra Santa c’è sempre più dentro la libertà di affidarmi senza nessuna pretesa a quello che la realtà mi proporrà quotidianamente, e che il lavoro da fare non è la preoccupazione principale, ma sono i rapporti nati e nuovi cui testimoniare la possibilità di vivere il cristianesimo semplicemente. Ogni volta accade un miracolo nel sorprenderci uniti. I nuovi che sono venuti sono rimasti colpiti dal come ci accoglievano e ci salutavano gli amici che rincontravamo e riconoscevano in questo la verità dei rapporti.
Don Ambrogio E’ importante riconoscere questo e domandarsi: ma perché sono così contenti di essere rincontrati? Per il semplice motivo che noi siamo fatti come attesa di Gesù, come ci ricorda il tempo dell’Avvento e del Natale. Come dice quella frase di S. Bernardo che c’è sul volantone di Natale: Poteva accontentarsi di aiutarci e invece ha voluto venire. Perchè l’incontro è insostituibile, poi con i sistemi tecnologici che abbiamo oggi figuriamoci: Il Verbo si è fatto carne, non si è fatto “bip” e nemmeno si è fatto carta “Verbum caro factum est” : l’incontro nella carne è insostituibile e quando uno si accorge che c’è qualcuno che gratuitamente viene a trovarlo, il cuore si mette a cantare indipendentemente dalla volontà; cioè la radice del cuore che è fatta per questa corrispondenza di gratuità si mette a cantare
Giusi
Per camminare spediti senza ricatto del pregiudizio o dal sentimentalismo: come posso affinare lo sguardo sulla compagnia? Non tanto in questa compagnia ma in generale nei rapporti di sempre.
Don Ambrogio
Ma se avete fatto un pezzi di cammino nella scuola di comunità, ripresa dopo esercizi e testo di Cervinia, Giussani dice: “ma perché non ci salviamo ciascuno per conto proprio?” Noi partecipiamo, siamo creati da un Dio che non è un solitario ma è un avvenimento di comunione: Padre, Figlio e Spirito Santo e il partecipare a questa vita, grazie al battesimo, ci fa, come dice il catechismo, figli di Dio, fratelli in Cristo, membra del Suo corpo che è la Chiesa; e ci salviamo dentro una unità, e ciò che si manifesta nel mondo come novità di questo Dio che si è incarnato è l’unità tra coloro che lo seguono, che hanno ricevuto il battesimo, una unità altrimenti impossibile. Infatti compagnia dal latino cum-panis vuol dire coloro che mangiano lo stesso pane, si nutrono dello stesso pane, si nutrono di Cristo. Una testimonianza solitaria non affascina nessuno, al massimo può far nascere un momento di ammirazione e un sentimento di invidia. Devo quindi guardare ogni fratello come colui che mi è dato nel medesimo cammino, mi è dato, l’altro è un dono. Questo si vede in quella compagnia naturale e santificata dall’opera di Cristo che è il matrimonio per cui l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio lo fanno perché riconoscono di essere chiamati insieme come compagnia l’uno per l’altro al medesimo destino. Anche perché il sentimento dopo un po’ finisce se non regge il giudizio: chi siamo noi, da dove veniamo, questa unità tra me e te da dove viene, è opera della nostra buona volontà? Figuriamoci. E’ opera dei nostri sforzi? Men che meno, Dei nostri sentimenti? Un po’ cinici siamo con i sentimenti che vanno su e giù, figuriamoci se una società così si regge sui sentimenti ! Si regge su un giudizio, cioè chi sei tu, chi sono io, scelti da Cristo per essere insieme testimoni di una unità altrimenti impossibile? La Chiesa è questo. Il libro degli Atti degli apostoli dice che i primi cristiani si riunivano nel Portico di Salomone nel Tempio di Gerusalemme; e gli Ebrei che andavano a pregare al tempio cominciavano a vedere- avete presente quel passaggio, un fatto sociologicamente identificabile- vedevano lì questo gruppetto di gente che si ritrovava sempre sotto i Portico di Salomone e dicevano: ma chi sono questi? Nel libro degli Atti dice: Guarda come si amano! Quello che provoca la domanda e suscita un interesse enorme e una curiosità è questa unità altrimenti impossibile. E’ più grande di noi, non è la somma delle nostre buone volontà, delle nostre buone azioni, della nostra buona condotta è una cosa sempre più grande, una eccedenza a quello che noi siamo e che non dipende da te ma è opera dello Spirito Santo. E ogni uomo è fatto per questo, e chi intercetta un fenomeno così ha un sobbalzo.
Gabellini O galleggi o se vai in fondo non puoi non riconoscere una amicizia vera.
Don Ambrogio
Se uno ringrazia per quello che è accaduto e sta accadendo, rimane per sempre. Avete presente “Riconoscere Cristo? Verso la fine di quella lezione D. Giussani introduce due parole: Gratitudine e gratuità. Dalla gratitudine cioè dal cuore pieno di grazie a Cristo per quello che ha operato o sta operando nelle nostra vita possono nascere gesti di gratuità, gesti di carità vera che fanno un uomo nuovo che si muove nel mondo. Per madre natura, senza la gratitudine per Cristo, senza incontro con Cristo non è possibile. Uno può fare gesti di generosità per temperamento, per carattere ecc ma la gratuità, cioè spendere la vita grazie a un cuore colmo di gratitudine per l’incontro con Cristo, questo è possibile solo in un rapporto così. Non è solo una questione di generosità è la verità di qualsiasi gesto.
Gabriele I rapporti Haifa e Betlemme una continuità di esperienza
Don Ambrogio
Occorre avere come orizzonte la nascita e la rinascita di un io nuovo, perciò di una presenza, di una modalità che vi rende presenti qui dove siete e là in Terra Santa, con le persone che s’incontrano e che possano vivere con pienezza e con gratitudine la loro esperienza cristiana.
3° viaggio autunnale 2016
Dal 16 al 30 novembre 12 soci hanno partecipato al viaggio di lavoro. Tra di loro due nuovi soci che per la prima volta hanno fatto questa esperienza.
9 sono partiti da Rimini e 2 da Milano. Partiti assieme da Roma fino Tel Aviv dove era già sul posto un altro socio milanese. La prima sorpresa è stata che al Ben Gurion ha funzionato benissimo lo scambio delle chiavi del pulmino con il 2° gruppo che ripartiva al termine del proprio turno. Il primo giorno tutti alla Biblioteca della Flagellazione a impacchettare gli ultimi reperti per il trasporto. Ora terminato con grande soddisfazione di P. Alliata. Venerdì giornatona dalle Clarisse dove si è stoccata della legna, pulizia della vasca di scarico della lavatrice, rastrellato il giardino interno e altri piccoli lavoretti
Dalle Clarisse si sono conosciuti quelli della Confraternita di S. Jago de Compostela che utilizzano la foresteria come Point di riferimento per pellegrini. Sabato gita al nord ma non c’era da dormire da nessuna parte quindi solo andata e ritorno.Giordano, Nazaret e visita all’ Holy Family Hospital, Cana da P. Jerome poi rientro a Casa. Lavori a Betlemme. Venerdì sera Messa, Sdc dai Maroniti e pizza. Il clima tra i volontari è ottimo in quanto anche con i nuovi si è subito creato un rapporto aperto, cordiale e disponibile sia rispetto al lavoro sia per la qualità dei dialoghi e degli aiuti che si riescono a dare. L’attenzione reciproca, i richiami vicendevoli, i luoghi santi che si frequentano (al S. Sepolcro si riesce ad entrare tutti i giorni) la messa con i frati e l’ utilizzo di strumenti di aiuto come letture ecc. Tutto sta aiutando a tener desto il desiderio di amare Gesù in tutto e in tutti. La quotidianità delle circostanze alterne più o meno favorevoli mettono di fronte le diversità ma più volte al giorno si fa esperienza della Sua Misericordia, se ne accorgono e se lo dicono, è questo il bello. Poi le persone e le vecchie amicizie che si incontrano sorprendono sempre positivamente per disponibilità superandosi ogni volta. Da Ettore, Corentin, i frati, Sr. Cristiana e le altre sorelle, Jerome, Vincenzo, Wafà, i ragazzi di ATS e di Ettore. Pietre, pietre vive. Un gruppo di 6 persone è andato a lavorare a Cana da padre Jerome mentre gli altri sono rimasti a Gerusalemme. Inshalla vedremo cosa sarà riservato, si spera di poter essere all’ altezza del compito che il buon Dio Misericordioso ci ha riservato.
2° viaggio autunnale
Il viaggio si è svolto dal 2 al 16 novembre ed era composto da 10 volontari di cui uno alla sua prima esperienza.
I primi due giorni di lavoro sono stati presso la Flagellazione dovei si è continuato l’inscatolamento dei reperti del museo e il loro spostamento presso i locali della vecchia biblioteca per consentire i lavori di muratura alla struttura. Le donne si sono dedicate anche alla pulizia di teche che serviranno per una esposizione di libri antichi nell’ingresso della curia e per altre esposizioni in futuro.. Sabato si è andati al monastero ortodosso di Mar Saba (San Saba). Si trova nel deserto a sud di Betlemme; è molto bello e ci è stata riservata un’ottima accoglienza da parte dei monaci.
A Betlemme, dopo un pranzo, c’è stata la possibilità di incontrare Giammarco Piacenti che ha raccontato l’avventura dei restauri della Basilica della Natività. E’ stato un momento molto piacevole e non certo banale, fino a coinvolgere anche aspetti della vita personale. Giammarco si è messo in gioco al punto da raccontarci del suo incontro con sua moglie e rispondere alla domanda che cosa significa per lui lavorare in tanti luoghi sacri e in particolare nella basilica dove è nato Gesù.
Nei giorni successivi alcuni hanno continuato i lavori al museo della Flagellazione per impacchettare reperti archeologici: è un lavoro molto lungo perché bisogna avvolgere pezzo per pezzo con carta plurima e inscatolarlo. Lunedì sera è venuto a cena da noi l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa: è stata una serata all’insegna della cordialità e dell’amicizia che ci ha permesso di condividere la nuova realtà che lui deve affrontare con le problematiche e le difficoltà relative. Alcuni sono andati a Nazareth dove si sono spostati armadi e altro materiale dell’ospedale di Bergamo caricando anche un camion per Gerusalemme. Come sempre l’accoglienza da parte delle suore e anche del personale conosciuto e non, è stata cordialissima. Martedì sera Abib è venuto con tutta la famiglia e ci ha portato una torta, dispiaciuti di non poterci invitare a casa sua perché essendo da poco morto suo padre per un anno devono mantenere un lutto stretto. Siamo stati a lavorare anche dalle Clarisse di Gerusalemme.
1° viaggio autunnale
Dal 16 ottobre al 2 novembre si è svolto il primo dei 4 viaggi di lavoro autunnali al quale hanno partecipato 11 persone tra cui una per la prima volta. Inoltre è presente a Gerusalemme un nostro socio che sta seguendo i concerti d’organo iniziati a metà ottobre e che termineranno il 13 novembre. Si svolgono a Gerusalemme, a Betlemme, a Jaffa ed a Nazareth.
Riportiamo alcune notizie degli amici:
Siamo reduci da una cena con Fra Riccardo, il frate che organizza il ciclo di concerti con cui lavorano Pietropaolo e Grazia. E’ stata una serata molto piacevole che, sicuramente, tramite Ettore, ci potrebbe le porte per il Monte Nebo.
E’ stata una settimana molto intensa: il primo giorno siamo andati tutti al Getzemani a raccogliere le olive da Padre Diego che è stato molto accogliente. Nel frattempo sono iniziati i lavori presso la Custodia. Nel weekend siamo stati al monastero di S. Giorgio, al Giordano al Battesimo di Gesù, alcuni sul Mar Morto ed altri sono andati a visitare la città di Masada.
La raccolta delle olive dalle Clarisse ha impegnato molti di noi, ma il lavoro è tanto.
Abbiamo avuto vari ospiti: Ettore, Paolo e le nuove suore francescane che da alcune settimane sono qui per prendersi cura di Maria Bambina.
Purtroppo non è stato possibile incontrare il nuovo custode Padre Patton in quanto è fuori e non tornerà fino ai primi giorni di novembre. Ci saranno altre occasioni.
Sabato e domenica siamo andati in Galilea due giorni ed abbiamo dormito presso le suore del “Si di Pietro”
Giornata della Gelmini 24 settembre 2016 Rimini
Intervento di Ettore Soranzo
Rimini 24/09/2016
Intervento di Ettore Soranzo alla giornata dell’Associazione Gelmini, nel discorso altrimenti detta familiarmente “loro”.
Di solito, quando mi chiedono di parlare cerco di dire di no. Quando me lo hanno chiesto loro devo dire che non ho esitato, ho accettato subito. Non solo perché io c’entro con loro perché, in qualche modo, l’Associazione è nata per colpa mia e poi, in tutti questi anni, abbiamo fatto tante cose assieme. Non ho saputo dire di no anche perché l’Associazione è intitolata ad un mio carissimo amico, Romano Gelmini, che aveva fatto l’università con me e che è morto due mesi dopo che loro erano venuti in Terrasanta per la prima volta (nel 2005) e quindi loro avevano accettato subito di intitolare l’Associazione alla sua memoria. A me piace molto pensare che Romano abbia continuato ad aiutarli in questi 12 anni; che dal cielo abbia sempre sostenuto questa iniziativa che, infatti, è andata stranamente sempre bene.
Il video dice che io sono un grande organizzatore; invece non è vero. La mia organizzazione con i gruppi della Gelmini è che, durante i mesi che precedono il loro arrivo, mi scrivo su un foglietto qualche cosa che potrebbero fare. Poi, quando arrivano, trovo sempre qualcosa da fare che vediamo assieme. In ogni caso in 12 anni è andata sempre abbastanza bene per cui si vede che questo metodo disorganizzato va bene.
Ho cercato di pensare cosa valesse la pena dire. Ho scritto 8 punti. In questi 8 punti vorrei raccontarvi alcune cose che hanno a che fare con l’Associazione.
Punto 1 – Da cosa è nata questa Associazione? Da un uomo affettivamente attraente che ha abitato in Terra Santa 2.000 anni fa
Mi sono chiesto quale è il punto originario, l’origine dell’Associazione. Mi è venuto in mente il titolo: ”Chi mi ha toccato?” che ho suggerito io anche se non avevo ben chiaro che cosa c’entrasse. L’origine dell’Associazione io l’ ho riscoperta nell’episodio del “chi mi ha toccato”. Io sono da 19 anni in Terrasanta e tra le tante fortune che ho avuto nella vita due sono legate alla Terrasanta.
Una è che, quando ero giovane, ho potuto sentire alcune volte don Giussani parlare dei Vangeli e quando Giussani parlava dei Vangeli ti sembrava di essere lì. Lui ci ha sempre invitati a tentare un’immedesimazione con quello che succedeva nei Vangeli ed allora mi è successo che quando mi sono venuto a trovare in Terrasanta, tante volte mi è capitato di andare nei luoghi santi e quindi cercavo di fare quel lavoro di immedesimazione che ci chiedeva don Giussani.
Mi portavo via un Vangelo, mi portavo via qualche cosa del Gius e mi mettevo lì nei luoghi santi e mi immaginavo di essere anche io lì tra la gente. A forza di fare così ci sono alcuni episodi che mi sono diventati particolarmente cari. Uno di questi è appunto l’episodio della emorroissa.
Se uno si immedesima con quello che c’è scritto scopre delle cose che spesso ci sfuggono.
Amo particolarmente questo episodio perché mi sembra uno di quegli episodi in cui c’è dentro una conferma della storicità del Vangelo che è straordinaria, perché ha dentro una frase che uno dice: ma cosa c’entra? Invece questa frase è stata scritta perché l’accaduto è troppo straordinario.
Immaginate la scena: siete a Cafarnao, villaggio piccolino di 3 o 4 mila persone, stradine strette. Gesù ha appena fatto un miracolo in sinagoga per cui era pieno di gente. Lo chiamano per andare a casa di Giairo a cui era morta la figlia e Gesù decide di andare.
Immaginatevi, in queste stradine, c’era tantissima gente che voleva vedere Gesù. Gesù passa in mezzo a queste stradine con tutta questa folla che lo voleva toccare. Gli apostoli davanti gli facevano strada e Gesù passava in mezzo a tutta questa gente (immaginatevi che scena).
Ad un certo punto Gesù si ferma, si volta e dice: Ma chi mi ha toccato?
Pietro lo guarda e dice: ma come chi mi ha toccato? Con tutta questa gente….A Cafarnao, con 40 gradi… Io dico sempre che Pietro gli avrà detto: “Ma Gesù, ti dico sempre di metterti un cappello che qua si prendono i colpi di sole! Come fai a dire chi mi ha toccato?! Tutti ti hanno toccato! E’ da quando sei partito che tutti ti toccano!
Capite perché il Vangelo è storico? Perché se voi foste stati lì non avreste potuto non scrivere una cosa del genere, vi avrebbe colpito troppo. Poi Gesù dice: “No, no, qualcuno mi ha toccato! Ho sentito una forza uscire da me per cui qualcuno mi ha toccato”. Lui si volta per vedere chi lo ha toccato e, io mi immagino, tutti si sono ammutoliti, e tutti hanno pensato: questo è matto per chiedere una cosa del genere!
Sappiamo cosa succede poi: trova la donna, terrorizzata e impaurita e terrorizzata perché era impura, perdeva sangue. Nella mentalità ebraica una donna che aveva delle perdite di sangue e tocca un uomo, anzi un rabbi, compie un atto gravissimo, da lapidazione. Per questo non voleva farsi scoprire.
Gesù la vede e lei è obbligata a dire che era stata lei. E Gesù le dice: “Vai in pace”.
Perché vi ho raccontato questa cosa? Perché questa cosa è l’origine dell’Associazione Gelmini? Io in questi anni mi ero sempre fermato a questa storicità dei Vangeli, a questa eccezionalità. Ma Enrico Tiozzo, tempo fa, mi ha aperto una finestra sconosciuta facendomi notare una cosa: io ho sempre pensato che Gesù avesse guardato la donna con aria inquisitoria, un po’ in maniera cupa, come dire: “Ma chi è stato”? Enrico mi ha fatto notare una cosa che mi ha conquistato ed è per questo che avevo pensato a questo titolo. Mi ha detto: “Lui si è voltato indietro perché voleva vedere la faccia di questa persona che ha guarito, perché Gesù è venuto per questo. E’ venuto perché la gente sia felice per cui, quando ha capito che c’era una persona che era stata guarita, si è voltato senza andare via perché voleva vedere la faccia che era stata guarita, perché la aveva resa contenta”. Io, vi giuro, quando ho sentito questa roba, dopo 30 anni che ho ritrovato la fede, e che ho sempre sentito dire che Gesù è venuto a salvare gli uomini, che ama te, ci tiene a te, a te, a te, però questa immagine mi fa impressione… Il pensiero che Questo qui si volta e non vuole andare via fino a che non vede la faccia di chi ha guarito… Perché quest’Uomo qua gode nel vedere te felice. Ditemi voi, a parte la mamma ed il papà, è veramente raro trovare uno che è felice perché tu sei felice, che gode della tua felicità.
L’origine della Associazione è che in quelle terre 2000 anni fa è passato un uomo che ha lasciato la gente a bocca aperta; perché era un uomo che non solo guariva o faceva i miracoli, ma godeva della tua felicità, era venuto per la tua felicità.
Mi ricordo quando sono venuti i primi, 12 anni fa, poco prima di andare via, mi hanno detto che volevano fare questa Associazione dicendo: “Questa qui ci sembra casa nostra, noi vogliamo tornare, abbiamo già nostalgia”. E noi sappiamo che la nostalgia è segno di una cosa bella, di una cosa grande, di una cosa affascinante che uno ha trovato.
Loro, fin dall’inizio, hanno intravisto che c’era qualcosa che poteva farli felici. Secondo me questa è l’origine della Associazione.
Punto 2 – Ma perchè questa Associazione è nata? Perchè quest’uomo non è un fatto del passato, ma un’attrattiva che continua anche adesso
Poi però mi sono detto: quello che ho descritto è un fatto del passato; ma, allora, perché hanno voluto fare una Associazione?
Il titolo di questa giornata ha questa doppia faccia perché “Chi mi ha toccato” è quello che ha detto Gesù all’emorroissa, ma tutto il vangelo è continuamente pieno della domanda della gente che incontra Gesù: “Ma chi è costui”? Che è esattamente come dire “chi mi ha toccato?”.
Pensate la Samaritana, pensate Matteo, pensate il cieco nato, il cieco di Gerico, Zaccheo che sale sull’albero e tutti che dicono: “Ma chi è questo”? Tutta questa gente che rimane ammutolita, senza parole.
C’è un altro episodio che amo tantissimo ed è quello della adultera che portano sulla spianata del tempio. Vogliono incastrare Gesù chiedendogli se dovevano ammazzarla o no, già tutti con le pietre in mano. Immedesimiamoci nella scena: siete anche voi lì con la vostra pietra in mano , giustamente perchè il mondo, la legge, l’educazione sono fondate sul fatto che se uno sbaglia, paga, se uno fa un errore è giusto che prenda una punizione, la saggezza popolare dice chi sbaglia, paga. Chi è genitore con i propri figli ha detto che si paga per gli errori che si fanno, mia mamma me le ha date un po’ e mi è servito tanto. L’intelligenza dell’uomo arriva fino a lì; sa benissimo che se sbaglia c’è la giusta punizione.
Pensate lo sconvolgimento. Voi siete lì con la vostra pietra in mano e quest’uomo dice: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
A me personalmente, ancora più dei miracoli, fa impressione questa cosa qua. Uno che introduce nel mondo una cosa sconosciuta, uno sguardo al quale nessuno era arrivato prima. E’ veramente una rivoluzione: solo uno che vede, come Einstein, una cosa che nessun altro vedeva.
Lui introduce nel mondo una categoria sconosciuta, totalmente sconosciuta, ma corrispondente al cuore dell’uomo. Ognuno di noi sa che quando sbaglia è giusto ricevere la punizione, ma che cosa c’è di più corrispondente di uno che mi dice, di fronte all’errore: “non ti posso giudicare. Riparti, ricomincia”. Allora ognuno di noi, con la pietra in mano, butta giù la pietra e ritornano tutti a casa. Se ne sono andati tutti quanti per cui Gesù le dice: “Vai e non peccare più”.
Immaginatevi di essere tra quelli che hanno buttato giù la pietra, ditemi se, tornati a casa, non avreste detto a vostra moglie: “Sai oggi cosa ho visto? Una cosa incredibile”!
Ditemi se questa cosa qua non vi sarebbe rimasta impressa per tutta la vita, e ditemi se uno non rimane ammutolito e dice: “Ma chi è questo qua? Chi mi ha toccato?”
Qual è dunque il problema?
Questo non è un fatto del passato, è un fatto che continua ad essere oggi. E’ un fatto che continua ad accadere tanto è vero che loro hanno rivisto oggi questa roba qua. Io, nel mio piccolo, l’ho rivista tanti anni fa quando ero all’università ed ho incontrato alcuni amici e io ricordo quegli anni sempre come i tre anni degli apostoli con Gesù. Poi tutto il resto della vita è stato spettacolare ancora, ma il ricordo di quei tre anni è stato una cosa fantastica. Questa domanda “Chi mi ha toccato” è una domanda che è emersa in tantissima gente che ha guardato Gesù, ma è continuata in questi 2000 anni per arrivare fino a noi.
Ricontinua al punto tale che alcuni di loro se la sono riposta. Volevo raccontarvi un altro episodio che ancora coinvolge Enrico. A novembre scorso è successo che è venuto giù un gruppetto di persone che doveva andare ad Haifa a trovare padre Arturo e mi hanno chiesto di accompagnarli. Io ho detto che fare tutta la Galilea ed andare anche ad Haifa non si riusciva; loro hanno insistito perchè ad Haifa era fondamentale andarci e che, eventualmente, si sarebbe saltato Cafarnao o Nazareth. Io spiego ad Enrico le mie perplessità e lui mi guarda e dice: “Ettore tu non capisci, noi non siamo qui per visitare dei luoghi, ma siamo qui per accorgerci di più di che cosa è questo popolo, da che cosa nasce questa compagnia, questo Gesù risorto. I luoghi spiegano, illuminano l’origine ed il motivo di questa compagnia, ma se non ci fosse questa compagnia adesso, i luoghi susciterebbero soltanto un ricordo nostalgico”.
Anche questo mi ha aperto una finestra che non avevo mai considerato. Dico questa cosa perché voi, in qualche modo, è evidente che venite giù con questa coscienza, anche se non la avete chiarissima o esplicita, però è dentro di voi. Tra l’altro avete la caratteristica di venire giù sempre assieme, mai come singoli, appunto perché la comunità cristiana è il luogo dove Gesù riaccade. Questo “Chi mi ha toccato?” oggi per noi è possibile, rimane presente, dentro un popolo, dentro un corpo.
Punto 3 – Da che circostanza è nata l’Associazione? Da una svista
La circostanza da cui è nata l’Associazione qual è? Ripensando alla circostanza la cosa curiosa è che io non avevo in mente né di fare un’Associazione né il fatto di avere dei volontari. A me dei volontari non interessava assolutamente nulla; io avevo un unico desiderio: vivevo a Nazareth in una casa [di Memores Domini] che era ospite di un convento di frati per cui noi eravamo loro ospiti. Pregavamo con i frati, mangiavamo con i frati e, non avendo una casa nostra, se veniva qualcuno a trovarci non potevamo invitarli a casa in quanto i frati non erano contenti per cui, se veniva qualcuno a trovarci, dovevamo andare al ristorante. Abitavo a Nazareth dove tutto era iniziato per cui mi sarebbe piaciuto potere invitare i miei amici. Un giorno, per caso, abbiamo conosciuto dei volontari che sono venuti a lavorare da noi ed i frati sono stati contenti di averli.
Ho capito che se invitavo qualcuno come amici non si può, se li invitavo come volontari si può. Così ho pensato di invitare i miei amici facendoli passare per volontari, gli facevo fare quattro lavori e tutto era a posto. Non avevo calcolato che i miei amici, 35/37 anni all’epoca, con moglie e figli piccoli, come potevano mollare il lavoro per venire a fare il volontario? Così mi sono trovato che avevo il trucco per poterli invitare, ma nessuno poteva venire. Un mio amico mi ha proposto allora di farmi conoscere della gente del Meeting. Li ho incontrati, hanno deciso di venire e così la cosa è cominciata. E’ un aneddoto per dire che la cosa è nata praticamente per sbaglio. Nessuno l’ ha cercata, ma l’Associazione è nata.
Punto 4 – Questa Associazione è una Associazione di volontariato atipica: non costruisce (quasi) niente nel luogo ove opera
Riflettevo tra di me: hanno fatto una miriade di cose. Ma la maggioranza dei lavori che hanno fatto erano veramente infimi: pulire, spostare i famosi libri. Ci sono tante Associazioni che spesso costruiscono qualcosa: i pozzi in Africa,le scuole…Se ci pensate voi non avete costruito niente. Nel senso che se uno venisse in Terrasanta e chiedesse “fatemi vedere che cosa hanno fatto i Gelmini”, di veramente concreto avete veramente costruito pochino. C’è qualcosa di un po’ strano. Sì, c’è qualcosa di un po’ strano, di assolutamente atipico.
Lo riassumo in due cose: una è una citazione del don Gius che dice: “Spesso il volontariato è un po’ triste. Questa dedizione è un po’ triste. E’ difficile trovare un volontario che non sia in fondo, in fondo, triste; vale a dire un po’ colmo di pretesa; lui è volontario e gli altri devono togliersi il cappello” . Voi vi siete trovati a fare una serie di lavori senza particolare risultato e che non vi hanno dato tantissime soddisfazioni. Mi ricordo che mi si faceva notare che non si finiva mai nessun lavoro. Quante volte non avete finito il lavoro perché ormai era finito il tempo! Non finivate i lavori, facevate lavori infimi, nessuno vi diceva grazie, soprattutto all’inizio.
Insomma, non è che avete avuto grandi soddisfazioni; eppure continuavate a venire. Perché? Io me lo sono spiegato così: quando il primo gruppetto dei Memores Domini è arrivato a Nazareth nel 1994 il don Gius li aveva incontrati e gli aveva detto alcune cose. Una di queste cose spiega perfettamente il cuore, la tipicità della vostra Associazione “Chiedete che si compia quello che è iniziato nella vostra vita non nel fare le cose, ma nel vostro essere che si esprime nel fare le cose”. Io ricordo che quando vidi questa frase la prima volta mi folgorò perché era veramente una cosa geniale. “Chiedete che si compia quello che è iniziato nella vostra vita, non nel fare le cose..” e allora uno dice: si, è giusto perché il problema non sono le cose, il problema è un’altra cosa: lo spirito, ecc. No, il Gius non era il tipo che diceva le cose non valgono. No, le cose valgono eccome, ma quello che vale non è il fare le cose, ma il vostro essere (il tuo essere, il mio essere, il mio io) che si esprime nel fare le cose. Il problema è che fiorisca il mio io, che si esprime nel fare le cose perciò c’è bisogno di cose da fare, non si può senza le cose, le cose sono importantissime, ma le cose sono il mezzo attraverso cui il mio io si esprime e fiorisce.
Allora, che cosa c’è di atipico nella vostra Associazione? Secondo me c’è che, magari inconsapevolmente, ma fin dall’inizio siete venuti per voi, per ognuno di voi. L’intuizione che c’era qualcosa che poteva farvi felici e con il desiderio che, nel venire lì, la vostra fede crescesse e che, nel venire lì, steste come cercando di compiere quell’augurio che il don Gius aveva fatto cioè che nel venire lì fiorisse il vostro essere (nel fare le cose…).
Punto 5 – Che caratteristriche ha questa Associazione?
Poi tutte le cose che vi contraddistinguono: la disponibilità impressionante per cui fate qualsiasi cosa vi venga chiesta, la gratuità, accettate di stare a Maria Bambina con questi bagni orribili, di dormire nelle camerate che avete 50/60 anni e anche oltre. E’ una cosa che fa impressione così come fa impressione che uno si paghi il biglietto per venire a lavorare. Tanta gente lì se lo chiede: ma chi sono questi qua? Ma veramente si pagano il biglietto per venire a lavorare? Perché lì, qualunque cosa fai, chiedi che ti paghino. Non esiste che si faccia una cosa gratuita. La cosa che però colpisce tutti quanti e continua a colpire anche me è questo aspetto della comunionalità. Venite giù assieme e, come già molti degli intervistati dicevano, e anch’io rimango sempre senza parole, non c’è mai stato uno scazzo veramente grave tra di voi. E ripeto: nel lavoro, nella convivenza, in tutto quanto, non è semplice; uno è abituato a casa sua dove tutto quanto è in ordine, sei lì in una situazione così…e la cosa, appunto, è una testimonianza di unità e comunionalità impressionante. Anche qui, forse è inconsapevole, ma il don Gius ai Memores all’inizio della storia in Terrasanta aveva detto: “la casa deve vivere dell’unità tra di voi, dell’amore tra di voi, la testimonianza è che vedano la vostra unità. Chi vedeva la Madonna, chi lo sapeva? Nessuno! Era lei nel suo rapporto con san Giuseppe”.
Ripeto: è impressionante! La testimonianza è che vedano la vostra unità. Appunto. Tanta gente nel video lo ha detto. Vedere la vostra unità è impressionante. E capite bene che la vostra unità non è una cosa di cui potete vantarvi, è una cosa che dovete chiedervi da dove nasce. Perché, appunto, è impressionante!
Punto 6 – Che cosa fa concretamente questa Associazione?
Voglio dire una penultima cosa: ma in realtà che cosa fate lì voi? Fate un sacco di cose, fate un sacco di lavori più o meno utili (ma, avete sentito, il Custode dice che sono utili!), per non dire delle suore in giro, le Clarisse, il giardino, le tombe. Ma cosa fate lì veramente?
Io ho in mente due cose.
Una è appunto il sottotitolo che avete messo e che è interessantissimo. Ricordo che quando io arrivai in Israele, mi ero anche un po’ preparato, mi piace la storia, pensavo di conoscerlo un po’ quel mondo, insomma mi ero fatto le mie idee su chi aveva ragione e su chi aveva torto, su cosa bisognerebbe fare per mettere ordine, per la pace ecc. Lessi una volta una intervista al cardinal Martini che all’epoca era a Gerusalemme, che disse una cosa che mi colpì e l’ ho amata tantissimo. Ad un certo punto l’intervistatore gli chiede: “Lei che sta qui a Gerusalemme che cosa fa per questi popoli”? E lui risponde: “Guardi, io sono qui e guardo entrambi questi popoli in lotta, non giudico nessuno, ma cammino in mezzo a loro affidandoli a Dio. Prego per loro”. Se ci pensate è una cosa bellissima perché, dopo 18 anni che sono lì, uno capisce che non c’è niente da fare. Lì c’è una situazione incancrenita che neanche Dio riesce a risolverla. E’ talmente inconcepibile tanto è complicata. Eppure è impressionante l’idea. Uno potrebbe dire: “Ma io vengo ad aiutare questa gente qua, vengo a fare qualcosa per questa gente qua”, ma non è solo una situazione in cui tu non puoi fare niente, ma anche la gente che tu vorresti aiutare ti dice: “Stattene a casa tua, ma chi ti vuole”! A me è successo un sacco di volte e tu pensi di essere lì ad aiutare i poveri di Terrasanta e capisci che a questi non gliene frega assolutamente niente, anzi!
Perciò non c’è bisogno di gente che venga ad aiutare la gente che c’è lì, c’è bisogno di gente che cammini insieme a loro. Che cammini insieme a loro senza nemmeno giudicare, senza neanche avere la pretesa di mostrare loro la cosa giusta o migliore da fare, ma della gente che cammina con loro, che sta con loro, semplicemente.
Ma, nel camminare insieme a loro, succede che voi vi immedesimiate con lo sguardo di Gesù, che guardava la gente e che guarda noi adesso.
Io ho scoperto un brano del don Gius che parlava del lavoro e che descrive in sintesi l’altro aspetto di quello che voi fate in Terrasanta. Ripeto: il Gius ci permette di guardarlo con gli occhi di Gesù e io penso che Gesù veramente vi guardi e ci guardi così. Dice Giussani: ”Ma se fossimo tutti come il Cireneo della Via crucis e ci trovassimo lungo la strada del Calvario, e i soldati romani venissero lì da me a dire: “Vieni qui, aiuta questo qui a portare il legno …”. Vi state immedesimando con la scena? Sta passando Gesù con la croce sopra, con la corona di spine, sporco, pieno di sangue, pensate ad un barbone che incontrate per strada, ubriaco; forse fa meno schifo. Una cosa per cui uno si fa da parte… “Pensate se fossimo tutti come il Cireneo della Via crucis ed un soldato romano viene da me e mi ordina di aiutare a portare il legno. E io, no, mi scanso perché sono stanco”… perché mi fa schifo… Ma perché io, ho mio figlio da portare, ho un impegno, ho…… “e i soldati ti costringono”, non è che io lo voglio fare, io vorrei scappare via, mi fa schifo. “Cosa devo fare se i soldati mi costringono? Vado a prendere quel legno e cerco di sollevarlo un po’, aiutando Gesù a portarlo”. Questo Cireneo si è tirato su la croce sulla spalla e si è tirato su un po’ anche Gesù, se lo trascinava lui. “Tutti -dice Giussani – siamo chiamati ad aiutare Gesù a portare il legno su cui, morendo, ha salvato il mondo. Come? Non portando un pezzo di legno, ma facendo progetti, scopando, portando libri, tagliando l’erba..… Allora tutto diventa veramente grande, anche il mangiare ed il bere, l’alzarsi o l’andare a letto dice san Paolo. Si partecipa al gesto con cui Cristo trascina la croce per salvare il mondo, per il mondo, per gli altri”.
L’abbiamo detto all’inizio: la vita è offerta per la felicità del mondo, per la felicità degli altri”.
Voi, quando venite in Terrasanta, venite a fare questa cosa qua. A me colpisce tantissimo questo aspetto del “mi costringono” perché uno dice: “se offro la vita per Gesù, se offro la vita per Lui devo essere cosciente”. Certo se sei cosciente è molto meglio, sei lieto. Ma anche quando non ne sei cosciente, anche quando sei ribelle, anche quando stai facendo un’altra cosa, anche quando non te ne frega assolutamente niente, tu pensa a Gesù: Lui ti sta guardando in un modo come tu non riesci a guardarti. Gesù ti sta guardando e ti dice: grazie. Tanto è vero che Giussani in un altro pezzo diceva: “Dio, Gesù si compiace di te”. E tu dici: come fa Gesù a compiacersi di me? Se mi conoscesse come io mi conosco non potrebbe compiacersi di me! Il punto è: ma Gesù mi conosce anche più di me eppure continua a compiacersi di me… perché?! Perché anche quando io penso di essere completamente dall’altra parte, in realtà Lui ti ha chiamato, e, una volta che ti ha scelto, anche se lo fai controvoglia, stai portando la croce con la quale Gesù salva il mondo.
Quando voi venite giù state facendo questo lavoro qui. Nello spostare i libri, nel fare le foto alla Flagellazione, nell’inscatolare i pezzi archeologici ecc. ecc. voi state facendo questa cosa, state portando la croce sulla quale Gesù salva il mondo.
Punto 7 – Che frutti porta questa Associazione?
Ma a proposito dei frutti che portate, oltre alla croce con cui Gesù salva il mondo, questo che voglio dire ora fa parte del ringraziamento per tutto quello che avete fatto in questi anni per la Terrasanta e per tutto quello che farete. Mi avete permesso di fare Bergamo, Mestre, e altro in giro per l’Italia mi è stato possibile farlo solo grazie a voi. Vi devo ringraziare non solo perché mi avete permesso di fare queste cose, ma perché mi avete letteralmente portato. Vi racconto questo episodio perché è successo proprio così.
Nel 2007, dopo un anno che ero a Gerusalemme, vado dal Custode Pizzaballa e gli chiedo cosa pensava di questo anno trascorso: “noi tre memores, è un anno che siamo con te, come è andata?” “Ah bene- risponde il Custode- è andata molto meglio delle aspettative che avevo. Di Piero la gente è molto contenta dice che ha fatto questo, ha fatto quell’altro. Anche di Tommaso dice che ha fatto questo, ha fatto quell’altro”. “E di me- domando- i frati che cosa dicono”?
“Di te i frati sono veramente contenti per… i volontari che hai portato!”.
Devo ammettere che io lì ho accusato un po’ il colpo: non erano contenti di qualcosa che avevo fatto io… Poi, uscendo, ho pensato: perfetto, è esattamente come l’episodio del paralitico di Cafarnao. Se lo andate a rileggere, tra le tante sfumature, ce ne è una stupenda: i quattro amici del paralitico lo calano davanti a Gesù. Gesù si volta, lo guarda, e gli dice: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”. Ma come? Il cieco ora ci vede, lo zoppo cammina, il lebbroso non ha più la lebbra, questo qua che è paralitico da tutta la vita potevi anche guarirlo, forse sarebbe stato anche più contento! I peccati, certo, è vero, però…Giussani dice: “Questo qui non voleva andare da Gesù. Questo qui, a differenza di tutti gli altri che chiedevano qualcosa a Gesù, volevano qualcosa, “ti prego, guariscimi!”, non voleva andare da Gesù perché era stato deluso tante volte; tanto è vero che il vangelo dice che Gesù non gli perdona i peccati guardando lui, ma per la fede dei suoi amici. Il vangelo dice: per la fede dei tuoi amici ti sono perdonati i tuoi peccati”.
Il Gius dice che perché era un uomo afflitto da tanti mali, bestemmiava Dio, perché quando uno è malato è difficile che sia contento nella vita, perché gli altri stanno bene e io no. Per cui quando gli amici sono andati a prenderlo lui non voleva andare. Loro lo hanno portato ugualmente però. Gesù, anche a questo che non voleva niente, colpito, commosso dalla fede dei suoi amici dice: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”! Giussani dice: “Quest’uomo, ancora prima di essere guarito dalla paralisi, ha bisogno di essere guarito nel cuore”.
Voi, tra le tante cose, avete fatto anche questo. Avete portato me. La compagnia è questa cosa qui, anche se uno non se ne accorge. Mi avete portato voi (“la cosa migliore che hai fatto è stata portare i volontari qua”, ha detto il Custode). Perciò, oltre il ringraziamento per avermi portato in questi anni e, soprattutto per avere portato insieme con me questa croce su cui Gesù salva il mondo ( che è una prospettiva interessante rispetto alla vita), volevo chiudere con un augurio affinché voi possiate continuare a fare questa cosa qua, ma avendo a mente che tutte le cose che abbiamo detto sulla Terrasanta sono uguali al ritorno a casa. Tanto è vero che quello che spesso è emerso nei vostri racconti è che dite: “Certo qui è interessante, è speciale, vogliamo tornare qua, ma quando torniamo a casa questa esperienza ci aiuta”.
Punto 8 – Un Augurio finale
L’augurio quindi è di continuare a fare questa cosa dove siamo, nel luogo dove siamo, anche perché quell’uomo si volta perché ha bisogno di vedere la faccia felice dell’uomo che Lui ha reso felice. E’ venuto per questo, perché io sia felice, perché tu sia felice. Quest’Uomo qua è lo stesso che al termine dei vangeli, perché così si chiudono, ha bisogno di dire a Pietro: “Ma tu mi vuoi bene”? Tutto quello che ha fatto Gesù è per guardare la nostra faccia felice e per sentirsi dire di nuovo “Ti voglio bene”. Questo penso sia il lavoro dell’Associazione Gelmini, ma è il lavoro della gente che fa il Meeting, il lavoro di chiunque ha avuto la fortuna di incontrare un’esperienza di fede che gli ha mostrato queste finestre sul cuore di Gesù per cui vi auguro, e lo auguro anche a me, di continuare a fare ciò che state facendo.
“Giornata della Gelmini” 24 settembre 2016 – CHI MI HA TOCCATO? Per i popoli della Terrasanta
Sabato 24 settembre si è svolta a Rimini “la giornata della Gelmini”. Non è stata pensata assolutamente come un modo per fare iscritti (anzi), ma come un momento in cui altri testimoniavano cosa aveva significato per loro l’averci incontrati.
Tantissimi sono stati i soci arrivati da tante parti d’Italia: Trentino, Firenze, Brianza, Milano, Varese, Modena, Ravenna, Macerata oltre, naturalmente, tanti di Rimini e circondario. Tanti sono stati anche i riminesi che sono venuti ad ascoltare.
Il presidente ha brevemente introdotto la giornata dopo di che ci sono state le testimonianze di Lucio(cosa ha voluto dire per lui andare in Terrasanta), Enrico per la Confraternita di Ferrara (cosa ha significato per loro incontrarci e cosa ne è nato), Pavel (come attraverso l’associazione le scuole paritarie della Fondazione Karis di Rimini hanno incontrato la scuola di Haifa).
Quindi è stato proiettato un video che riportava le interviste fatte per capire come alcune delle persone che i soci dell’associazione hanno conosciuto leggono quella che è la nostra presenza in Terrasanta. Abbiamo ascoltato le parole di suor Cristiana delle Clarisse di Gerusalemme, di padre Alliata archeologo del Museo della Flagellazione, della Doni segretaria del Custode, di padre Jerome da noi conosciuto a Cafarnao ed oggi a Cana, di suor Agnese del Fatebenefratelli di Nazareth, di padre Marcelo che fa parte del discretorio della Custodia, e, per finire, di padre Pizzaballa quando ancora era Custode di Terrasanta.
La testimonianza di Ettore, nostro grande amico che dirige l’ufficio tecnico della Custodia a Gerusalemme, è stata quella più completa perché ha ripercorso come è accaduto il primo incontro con gli amici che sono andati a lavorare a Nazareth la prima volta nel 2004, perché ha valore quello che si sta facendo pur non costruendo niente di importante in quei luoghi, cosa lui ha capito della nostra esperienza e perché ha senso continuare a fare quello che stiamo facendo.
La giornata è quindi proseguita con la cena assieme(c’erano 350 persone e la cosa ci ha veramente stupiti) ed è terminata con le canzoni di Chiara e dei suoi amici.
E’ stato impegnativo costruire questo momento, ma, proprio come quando andiamo in Terrasanta, è molto di più quello che ci portiamo a casa della fatica che si fa.
3° turno di lavoro primaverile
Si è svolto dal 15 al 29 giugno ed ha visto la partecipazione di 9 persone.
Nel turno abbiamo lavorato alcuni giorni dalle clarisse a carreggiare carriole di ghiaia e terra; Carletto è stato a un certo punto cooptato per sistemare i computers. Gli altri giorni li abbiamo dedicati all’inscatolamento dei reperti archeologici presso la Flagellazione e del loro spostamento a San Salvatore: lavoro questo meno pesante. Abbiamo visitato il sito archeologico di Bet Guvrin –Maresha, che è caratterizzato oltre che da un anfiteatro romano e da una fortezza e chiesa crociata, da grotte enormi, scavate nella roccia per ricavarne abitazioni per difendersi dal caldo e sfuggire ai nemici.
Domenica 26 giugno siamo andati in Galilea a Cafarnao. A pranzo siamo stati invitati da Abib e famiglia; come al solito il pranzo è curatissimo e molto abbondante. Alla fine canti accompagnati con la chitarra. Siamo poi andati a Cana da padre Jerome e suor Maria Aurora. Ogni incontro richiederebbe una lunga descrizione sia per l’accoglienza che per la cordialità che accompagna il nostro stare assieme a questi amici. Siamo poi andati al monte Tabor dove abbiamo dormito. La mattina dopo ci siamo diretti a Nazareth per la visita alla Basilica e alla bottega di S.Giuseppe. Siamo passati a salutare le suore dell’ospedale: non c’era suor Teresa, ma ci hanno accolto con piacere, affidando a suor Agnese gli onori di casa. Martedì mattina abbiamo incontrato, per un breve saluto, il nuovo custode padre Francesco Patton. Abbiamo cercato di curare particolarmente gl’incontri con persone sempre più amiche, sia quelle già nominate che con Wafa e Lina di Betlemme e loro mariti. Riportiamo alcune testimonianze di amici che erano a lavorare ed amici che si sono incontrati durante il periodo di lavoro.
“Per me questa è l’esperienza dell’ora et labora, e mi chiedo: come faccio a lavorare ed essere contenta? Perché io sono contenta. Anche se a volte è molto faticoso, io sono contenta … Una volta io individuavo la mia felicità nella mia famiglia, ora non è più così, la mia felicità è altro: sento che Gesù mi vuole bene; e se uno sente che è voluto bene, come fa a non essere contento? Non occorre che io mi sforzi di voler bene a Lui.”
questa cosa con questi amici.”
“ io sono abbastanza stanco delle mie misure e la cosa che desidero di più è che entri Gesù nella mia vita con una misura diversa e qui tutto parla di questo, anche se rimane tutta la nostra povertà; incontriamo della gente che ti fa venir voglia che nella tua vita entri questa misura più grande.”
“La vita comunitaria che voi fate qua: anche questo è incredibile. Non soltanto un’esperienza fatta insieme: questo favorisce una conoscenza, un’amicizia, ma anche un’esperienza non del passato ma presente, la sequela a Cristo che poi si vive con un realismo più concreto, che poi succede anche in Italia; è un’esperienza concreta, reale, in atto che accade: l’appartenenza a Cristo, é questo che rompe tutta l’estraneità nei rapporti. E già questo si vive arrivando qua dai diversi luoghi: anche se è la prima volta che v’incontrate qua, però l’altro non mi è per niente estraneo perché sta facendo questa esperienza che faccio io: l’esperienza dell’adesione a Cristo.”
“dopo un po’ di volte che vengo mi sono fatto la domanda: Io vengo perché da una parte mi piace essere vicino ai luoghi dove il Signore ha vissuto, e questa è stata la prima cosa grossa che ho dentro come desiderio, ma dopo un po’, perché ho ancora un grosso desiderio di venire e una sofferenza all’idea di non poter venire? Qui ho proprio capito che di volta in volta è maturata una serie di altre esperienze importanti: quella ad esempio della vita di comunità che pure inizialmente sapevo che c’era, man mano che la sto sperimentando qui , è diventata sempre più pregnante, sempre più ricca; per cui, cambiano le persone, ma quello che è importantissimo è questa visione concreta della vita di comunità con la figura autorevole, con un’obbedienza,con momenti precisi di scansione della giornata che posso sì vivere a Milano, ma che qui sono come emblematici: è un momento forte ( come lo sono gli Esercizi), per cui lo scrivere ogni istante, gl’incontri fatti, ecc. mi permette di continuare a mantenere anche a Milano giorno dopo giorno quella vivacità, la voglia di ripetere quella esperienza che vivo qui.”
“Riconosco una positività di questa esperienza: loro portano addosso qualcosa, sono contenti. Certamente dentro questa esperienza che loro vivono portano addosso qualcosa che è veramente grosso. Man mano che i frati li conoscevano di più sono rimasti colpiti da questi. Quando io sono venuto qua il Custode mi aveva chiesto , oltre che seguire l’ufficio tecnico, di gestire anche i volontari. I frati sono pieni di gente che vuol venire a fare il volontario, ma che quando vengono qua diventa gente ingestibile, mezzo sballata, gente che crea problemi. I frati, da un lato hanno bisogno dei volontari, dall’altro è un problema in più. Due anni fa il Custode e padre Marcelo hanno detto loro: noi vi stiamo osservando perché nel guardarvi capiamo che questo sarebbe il tipo di volontariato di cui noi avremmo bisogno. Le caratteristiche: il fatto che è gente che lavora, che fa anche le cose più umili, sono sempre contenti. Hanno qualcosa addosso che ai frati colpisce.”
Garcia “Quindi abbiate cura di questa esperienza che è così positiva per voi e anche per altri: questa è la vostra responsabilità. E’ vero che c’è un modo di convivere, una modalità della giornata che viene segnato, traccia una certa tradizione; la tradizione non è il tipo di lavoro che fate, ma il vostro modo di essere insieme, di affrontare insieme, e questo è quello che deve essere favorito, curato e tramandato ai nuovi che prima o poi arriveranno”.
1° turno di lavoro 2016 – 4/5/16-18/5/16
Quello che non accade in 11 anni accade in un attimo.
Avevamo appena salutato Ettore presentandogli i tre amici nuovi venuti per la prima volta che uno di loro, Alberto, è scivolato lungo la strada che ci riportava a Maria Bambina. Il guaio si è subito rivelato serio. Il suo piede si era girato in modo anomalo. E’ stato portato all’ospedale dove lo hanno ingessato, ma è dovuto ritornare subito in Italia il giorno dopo (consiglio dato da un ortopedico di Macerata dopo avere visto la radiografia ed il referto
dell’ospedale).
Ci è dispiaciuto moltissimo sia per quello che sarà necessario fare sia perché abbiamo perso una persona che subito si era dimostrata bella e della quale sicuramente avremmo avuto modo
di goderne nel nostro lavoro qua.
Noi abbiamo cominciato lavorando a Maria Bambina sistemando i materassi, i letti nelle camere,pulendo la cucina.
Abbiamo partecipato alla prima funzione dell'”Invenzione della croce” cioè del suo ritrovamento da parte di S.Elena madre di Costantino. Una cerimonia molto bella che si svolge nella cappella
appunto di S.Elena ed attorno all’edicola del Sepolcro. Questa mattina si continuerà con la messa sempre nella cappella a cui parteciperemo. Ieri sera scuola di comunità poi cena a Notre Dame.
Nonostante il dispiacere per Alberto (ieri sera lo abbiamo sentito e poi abbiamo detto un rosario per lui) il clima tra di noi è buono. La solennità della cerimonia di ieri e l’incontro con gli amici
della scuola di comunità ci stanno aiutando a guardare dove conta ed anche a guardarci reciprocamente consci di essere tutti sulla stessa strada e che, anche se peccatori, a tutti interessa
percorrerla. Venerdì pranzo con i francescani.
La seconda settimana è stata veramente una settimana piena: di lavoro e di incontri.
Il lavoro lo abbiamo svolto in Custodia lucidando i candelabri del 1500 che sono stati esposti oggi nella Celebrazione della Pentecoste in San Salvatore. Non è stata un’impresa facile soddisfare Irene e padre Rodrigo (brasiliano) tanto che abbiamo dovuto riprenderli in mano una seconda volta. Inoltre abbiamo lucidato dei candelabri più piccoli che sono il sostegno di ventagli di argento piuttosto grandi che verranno messi sull’altare di San Salvatore domani lunedì per fare delle foto per un catalogo. Magari vi chiederete con che cosa abbiamo lucidato tutte queste cose? Con il dentifricio Colgate naturalmente(non è una battuta).
Lunedì e martedì siamo stati alla società Antoniana a Betlemme a ripulire i due giardini all’ingresso che sembravano una giungla. Peccato che il tagliaerba sia arrivato quando avevamo già fatto tutto quasi a mano. Poi abbiamo sistemato i due magazzini; in uno di essi c’erano delle sedie e delle sedute doppie che abbiamo portato nei giardini e che le ospiti hanno mostrato di gradire in quanto li hanno subito utilizzati.
Giovedì e venerdì Clarisse! Siamo stati messi veramente a dura prova. Dovevamo fare tutti gli scavi per fare passare l‘impianto di irrigazione per 60 alberi da frutta che sono stati regalati a suor Jeshua (non so se si scrive così) per i suoi 60 anni da amici ebrei (che abbiamo avuto modo di conoscere). Il lavoro è stato veramente pesante perché abbiamo dovuto scavare con piccone, badili e pale sotto un sole cocente per due giorni e con un terreno che spesso era pieno di pietre o di scarti di cemento e gesso. Erano contentissime del risultato perché è andato molto oltre quello che speravano riuscissimo a fare. Stare lì con loro ha sicuramente mitigato la fatica. E’ stato un modo per conoscere molto di più suor Jeshua che ci ha seguiti nei lavori. E’ stata una bella scoperta.
Sabato e domenica siamo stati in Galilea sia per fare vedere quei luoghi santi ai due amici che sono venuti per la prima volta sia per incontrare gli amici che sono là. Le suore del Fatebenefratelli a Nazareth (che sperano in un nostro prossimo intervento da loro), padre Jerome a Cana con pranzo da lui che ci ha accolti sempre con tanto calore e con la storia sua e di suor Maria Aurora che ci hanno fatto veramente sentire sempre più care quelle persone. Abbiamo dormito a Tabga dalle suore. C’era un’ospite scozzese (Mary) che
Ha condiviso con noi la serata di canti, la colazione e poi la messa dai frati tedeschi della moltiplicazione dei pani. Si è anche esibita in un bagno nel lago con uno di noi.
L’incontro a cena con padre Sergio, con padre Marcelo, con Ettore, padre Bonaventura e gli altri due memores (Rocco e Paolo) hanno costituito delle cene piene di sostanza e di maggiore conoscenza di queste belle persone.
E’ un bel gruppo, sappiamo aiutarci, ed io ho scoperto ancora di più che la compagnia ti aiuta a capire quello che tu da solo non saresti capace cioè ti sa riportare al centro, ti ricentra quando tu stai per andare da un’altra parte (che non è quella giusta). Ci siamo anche detti che ci siamo sentiti una gruppo e che questo ha supplito quando qualcuno si sentiva poco compreso.
Il 13 marzo a Loreto
Domenica 13 marzo la nostra associazione si è riunita a Loreto per il pellegrinaggio che viene svolto ogni anno prima dell’inizio dei viaggi di lavoro. Andiamo perché vogliamo chiedere la protezione della Madonna sulle nostre persone per il lavoro che andremo a fare. Eravamo una novantina di persone provenienti, oltre che da Rimini e circondario, da Macerata, da Modena, da Ravenna, da Cento, da Recanati. Una quindicina i non soci presenti: alcuni hanno già fatto richiesta di diventare soci, altri sono venuti per conoscerci meglio mossi dai racconti degli amici che già avevano fatto esperienza in Terrasanta. Abbiamo recitato il santo rosario salendo la scala santa; quindi abbiamo partecipato alla Santa Messa in cattedrale. Poi è seguito il pranzo comunitario e,nel pomeriggio, si è svolta l’assemblea. Oltre l’aspetto formale dell’approvazione del bilancio, l’assemblea è stata l’occasione per conoscere i nuovi amici presenti, per testimoniare ciò che è accaduto lo scorso anno, aiutati anche da un video girato da Giuliano nell’ultimo viaggio autunnale. Si è trattato di un momento di festa: si sono incontrati gli amici, condividendo momenti di vita e riaffermando il desiderio di continuare la nostra presenza in Terra Santa.
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